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Синтаксические и функционально-семантические особенности употребления условного наклонения в итальянском языке (стр. 2 из 12)

L'imperfetto Esprime la durata o la ripetizione nel passato:

la pioggia cadeva ininterrottamente da due giorni; venivano a trovarci quasi tutte le settimane.

Dal punto di vista aspettuale l'imperfetto indica un'azione incompiuta nel passato; per questo motivo, di norma, un verbo all'imperfetto non è sufficiente a conferire alla frase senso compiuto. Se dico: ieri tornavo a casa la frase rimane come sospesa e il mio interlocutore si aspetta un'integrazione, per esempio: ieri tornavo a casa quando ho incontrato Gianni.

Nelle narrazioni, l'imperfetto costituisce il tempo della descrizione per eccellenza. Esso si presta infatti a rappresentare scene statiche, in cui tutti gli elementi sono collocati sul medesimo piano temporale:

La stazione era deserta. Carla indossava un soprabito scuro. L'orologio segna­va le venti e trenta,

La stessa scena, resa con i verbi al passato remoto, da piuttosto l'idea di un susse­guirsi poco coerente di frasi:

La stazione fu desena. Carla indossò un soprabito scuro. L'orologio segnò le venti e trenta.

Questa differenza è messa a frutto quando si esercita, a qualsiasi livello, l'arte del raccontare: l'imperfetto descrive luoghi e personaggi o delinea stati di cose, men­tre i tempi perfettivi (il passato remoto o il presente storico) sono necessari per dare il via alla storia, per riferire in modo ordinato il susseguirsi degli avvenimen­ti. Lo si può facilmente verificare analizzando l'inizio di una fiaba:

C'era una volta a Palermo un certo Don Giovanni Misiranti, che a mezzo­giorno si sognava il pranzo e alla sera la cena, e di notte se li sognava tutti e due. Un giorno, con la fame che gli allungava le budella, uscì fuori porta. (da Fiabe italiane raccolte e trascritte da Italo Calvino, Milano, A. Mondadori).

Quanto detto non vale nei casi in cui l'imperfetto assume valori aspettuali proprì del passato remoto, come avviene con il cosiddetto imperfetto narrativo, caratteristico, oltre che della lingua letteraria, dei resoconti giornalistici:

Nel ribollire della disamistade cadevano le elezioni regionali del 51; i candi­dati democristiani disertavano la piazza, la frequentavano invece i comunisti (L. Sciascia, Le parrocchie di Regalpetrd);

allo scoccare della mezzanotte l'assassino entrava di soppiatto in casa delle vittime;

al ventisettesimo minuto della ripresa il centravanti raccoglieva un abile invito del numero 10 e metteva in rete.

Talvolta l'imperfetto può assumere valori modali diversi da quelli propri dell'indi­cativo. Si distingue in particolare:

1. un imperfetto ipotetico:

facevi meglio a stare zitto; potevano anche dircelo prima.

Quest'uso è comune soprattutto nel parlato; in una varietà più formale di lingua troviamo invece il condizionale passato {facevi = avresti fatto; pote­vano = avrebbero potuto);

2. un imperfetto irreale: si ha ogniqualvolta il tempo verbale serve a sottolineare un distacco dalla realtà e la creazione di un universo fittizio. È tipico delle narrazioni di sogni o della trama di un'opera letteraria:

poi entravo in un'enorme sala a specchi: dopo alcuni secondi le pareti inizia­vano a muoversi verso di me...

e nel cosiddetto imperfetto Indico, comune nelle affabulazioni dei bambini: Allora, facciamo che io ero il papa e tu la mamma;

3. un imperfetto attenuativo, a cui si ricorre in particolare con il verbo volere e sinonimi, per conferire un tono di cortesia o di attenuazione del valore iussivo di una richiesta; si immagini il seguente dialogo tra un salu­miere e una cliente, in cui chiaramente i due imperfetti non hanno valore temporale:

- Cosa desiderava signora?

- Mah, volevo due etti di prosciutto.

Nel secondo caso l'imperfetto può essere adeguatamente sostituito dal condizio­nale presente.

Il passate prossimo. Questo tempo composto, formato dal presente di un au­siliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, esprime un fatto com­piuto nel passato, ma che ha una qualche relazione col presente, o perché l'even­to descritto perdura nel presente:

due giorni fa ho preso una brutta influenza (e ancora ne soffro);o perché perdurano gli effetti dell'evento descritto:

Marco è nato il 21 settembre del 1943;

ho imparato l'inglese durante un soggiorno di studio negli Stati Uniti;

per quanto riguarda il primo esempio è significativo il fatto che si usi il passato prossimo per indicare la nascita di un personaggio ancora vivente, ma sia d'obbli­go il passato remoto per indicare il dato biografico di un defunto:

Manzoni nacque nel 1785.

Anche senza l'accompagnamento di avverbi o di locuzioni avverbiali, il passato prossimo può equivalere in qualche caso a un futuro anteriore, presentando il fat­to come compiuto nel futuro:

un ultimo sforzo e ho finito (= avrò finito).

II passato remoto. Indica un'azione conclusa nel passato, prescindendo dal suo svolgimento e dai suoi eventuali rapporti col presente. Si noti la differenza tra:

1. Mora via scrisse Gli indifferenti dal 1925 al 1928;

2. Moravia scriveva Gli indifferenti tra il 1925 e il 1928;

3. Moravia ha scritto Gli indifferenti.

Nella frase 1 il passato remoto scrisse mette in rilievo l'aprirsi e il chiudersi dell'azione, il suo inizio e la sua fine. Nella frase 2 l'imperfetto scriveva sottolinea lo svolgimento dell'azione entro i limiti temporali indicati. Nella frase 3 il passato prossimo ha scrìtto esprime insieme la compiutezza dell'azione e la sua "attualità": Moravia è autore di questo libro, questo libro esiste, possiamo leggerlo.

Nella lingua contemporanea il passato remoto viene spesso sostituito dal passato prossimo: l'anno scorso sono andato a Venezia. Particolarmente nel parlato, il prevalere del passato prossimo rispetto al passato remoto si giustifica con l'esi­genza di avvicinare i fatti al momento della narrazione, con ragioni cioè di imme­diatezza espressiva. Si noti che questo uso del passato prossimo al posto del pas­sato remoto, ora sempre più generalizzato, è tipico dell'Italia settentrionale; nel meridione si ricorre invece al passato remoto anche riferendosi a fatti avvenuti in un tempo vicinissimo al presente: arrivai un quarto d'ora fa.

Il trapassato prossimo e il trapassato remoto. Il trapassato prossimo(o piuccheperfetto), formato dall'imperfetto di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un fatto del passato, anteriore a un altro fatto pure del passato:

mi ero appena addormentato, quando bussarono alla porta.

Il trapassato prossimo può assumere valori modali diversi da quelli propri dell'in­dicativo:

1. trapassato prossimo ipotetico, usato colloquialmente nell'apodosi del periodo ipotetico, in luogo del condizionale passato.

se non mi fossi ammalato a quest'ora avevo già terminato gli esami;

2. trapassato prossimo attenuativo:

Buongiorno, ero venuto per chiederle una cortesia.

Questi valori modali, che ricalcano in parte quelli dell'imperfetto, sono dovuti con ogni probabilità all'influsso dell'ausiliare del trapassato prossimo, coniugato all'im­perfetto indicativo.

Il trapassato remoto, formato dal passato remoto di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un fatto anteriore al passato remoto. Il trapassato remoto ha un uso più limitato del trapassato prossimo; infatti, mentre questo si può incontrare sia nelle proposizioni principali sia nelle proposizioni su­bordinate, il trapassato remoto oggi si trova solo nelle proposizioni temporali in­trodotte da quando, dopo che, non appena, appena (che):

non appena se ne fu andato, vennero a cercarlo.

II futuro semplice e il futuro anteriore. Il futuro semplice indica un fat­to che deve ancora verificarsi o giungere a compimento:

arriverò domani; terminerò il lavoro entro una settimana.

Il futuro semplice può assumere valore di imperativo:

farete esattamente come vi ho detto; imparerai questa poesia a memoria.

Il futuro anteriore, formato dal futuro semplice di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un evento futuro, anteriore a un altro pure del futuro; è quindi una sorta di "passato nel futuro":

quando lo avrai visto, te ne renderai conto.

Sia il futuro semplice sia il futuro anteriore possono indicare un dubbio, una sup­posizione o una deduzione del parlante:

hanno bussato alla porta, sarà Marco;

a occhio e croce questa pizza peserà due etti;

quando è iniziato lo spettacolo saranno state le nove;

in questo caso il futuro ha valore modale, non temporale, come si evince dal fatto che i verbi degli esempi riportati non esprimono posteriorità.

Tempi del congiuntivo:

I tempi del congiuntivo sono quattro: presente, imperfetto, passato, trapassato.

II congiuntivo viene usato soprattutto nelle proposizioni dipendenti. In quelle indi­pendenti - nelle quali il congiuntivo può esprimere volontà, dubbio, concessione - i due tempi semplici (presente e imperfetto) si usano con riferimento al presente:

dica

pure cio che vuole

dicesse

I due tempi composti (passato e trapassato) si usano invece con riferimento al passato:

sia

che gia partito?

fosse

Per la scelta del tempo nelle proposizioni dipendenti, si veda il capitolo della sin­tassi.

Tempi del condizionale:

II condizionale ha due tempi: uno semplice, il presente, e uno composto, il passato. Col presente si indica l'eventualità nel presente, col passato l'eventualità nel passato:

vorrei

rivederti

avrei voluto

Tempi dell’imperativo:

L'imperativo ha due tempi, il presente e il futuro:

esci subito di quii; farai quello che dico io!

L'imperativo manca della prima persona singolare.

Tutte le voci dell'imperativo sia presente sia futuro coincidono con quelle del presente e del futuro di altri modi; solo i verbi appartenenti alla prima coniuga­zione hanno la seconda persona singolare dell'imperativo presente che non può essere confusa con la seconda persona di nessun altro tempo: studia, mangia, parla.

Nella forma negativa, la seconda persona singolare dell'imperativo presente si esprime con l'infinito presente preceduto dalla negazione non:

non cantare, non correre, non partire.

Tempi dell’infinito:

I tempi dell'infinito sono due: uno semplice, il presente (andare, vedere, finire): e uno composto, il passato (essere andato, aver visto, aver finito).

L'infinito si usa soprattutto in frasi subordinate: il presente indica un rapporto di contemporaneità o di posteriorità rispetto al tempo del verbo della reggente; il passato indica un rapporto di anteriorità:

dice

di conoscerlo, di volerlo conoscere

diceva.

dice

di averlo conosciuto.

diceva

Preceduto dalla negazione non, l'infinito presente può acquistare il valore di im­perativo:

non farlo!; non dire sciocchezzel; non ridere.

Ha lo stesso valore, anche senza la negazione, in avvisi, cartelli, insegne:

tenere la destra; moderare la velocità; gettare i rifiuti nel cestino.

Spesso l'infinito presente svolge la funzione di sostantivo:

tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

e si pensi a infiniti come dovere, piacere, avere, trasformatisi in sostantivi forniti anche di plurale: il dovere/i doveri; il piacere/i piaceri; l'avere/gli averi.

Tempi del participio:

II participio ha due tempi: il presente e il passato.

Come gli aggettivi in -e, il participio presente ha una forma per il maschile e il femminile singolare {amante, vincente, partente) e una per il maschile e il femminile plurale (amanti, vincenti, partenti). È usato sempre più raramente nel suo valore verbale; participi quali ardente, splendente, avvincente, arrogante, sor­rìdente o quali studente, cantante, insegnante, emigrante, dirigente sono oggi sentiti soltanto come aggettivi e sostantivi.

Il participio passato si comporta come gli aggettivi in -o: lodato, lodata, lodati, lodate. Si usa insieme con gli ausiliari essere e avere nelle forme composte della coniugazione verbale: sono andato, hai visto, è preso.

Ha spesso funzione di aggettivo o di sostantivo:

uno stimato professionista, il candidato eletto; l'imputato, i vinti, uno sconosciuto.

Ilparticipio passato ha valore attivo con i verbi intransitivi:

partiti di mattina, arrivarono a notte fonda (paniti = essendo partiti, sebbene fossero partiti);

ha invece valore passivo con i verbi transitivi:

non mi piace la minestra riscaldata (riscaldata = che è stata riscaldata).

Tempi del gerundio:

II gerundio ha due tempi: il presente (cantando, leggendo, udendo) e il passato (avendo cantato, avendo letto, avendo udito).

Il gerundio presente trova impiego in proposizioni subordinate, dette ap­punto gerundive:

discutevamo camminando,

dove camminando è una gerundiva con valore temporale (= mentre camminava­mo).

Contribuisce a formare le perifrasi verbali andare + gerundio e stare + gerundio, che esprimono un'azione progressiva e durativa, considerata cioè nel suo progre­dire e nella sua durata:

il tempo va migliorando, sto studiando.

Molti gerundi presenti hanno subito un processo di nominalizzazione: laureando, reverendo e, nel linguaggio musicale, crescendo, diminuendo.

Il gerundio passato non è molto usato; in genere viene sostituito con frasi espli­cite: si dice è stato promosso perché ha studiato piuttosto che avendo studiato è stato promosso.

II.L’uso del modo CONDIZIONALE

Il condizionale présenta l'azione o il modo di essere come eventuali-ipotetici; e cioè come realizzabili, nel présente o nel passato, ma subordinatamente a determinati condizioni o condizionamenti che possono essere espressi o sottintesi. Tali condizioni o condizionamenti sono per lo piu indipendenti dalla volontà di chi parla o scrive (ne sia o no egli il soggetto grammaticale) e possono risultare: o già ben definiti ed esistenti o supponibili oppure suggeriti da opportunità di adattamento comportamentale a specifici aspetti situazionali. Sul genere di potenzialità di tali presupposti (sintatticamente: protasi), chi parla o scrive valuta il grado di probabilità di realizzazione dei fatti che ne dovrebbero conseguire (sintatticamente: apodosi),e, nell'esprimerli, mediante il condizionale manifesta (o tradisce) l'atteggiamento mentale o psicologico del consapevole distacco o del sospeso possibilismo o della cauta esitazione.

Per esemplificare: apodosi: Vorrei parlarle (protasi: se ha un po' di tempo). - Ci verrei anchio (se non ti disturbo). - Fumerei volentieri qualche sigaretta ogni tanto (ma qui è proibito). - Carlo si starebbe per laureare (se è vero quel che si dice). - lo (se fossi stato al tuo posto) non gli avrei dato retta. - Sarebbe venuto allé cinque (mancano ancora due ore //oppure: ormai è mutile aspettarlo). - Sarei partito ieri // domani (ma non ho trovato posto in aereo).

Sia al présente che al passato, il condizionale può esprimere l'atteggiamento di prudente presa di distanza (condizionale di distanziamento) di chi narra fatti e fa anche intendere di non avere diretta o comunque piena conoscenza; o magari di non volere essere in nessun modo coinvolto. E' questa la tipica modalità di chi, anche per professione, come il giornalista, è costretto a interessarsi di vicende di particolare delicatezza e responsabilità:

- Carlo Rossi sarebbe stato messo in prigione. (come a dire: se è vera la notizia che ho sentito, Carlo Rossi...)

- Seconde l'accusa (...) la maggior parte delle apparecchiature sarebbero state residuati di guerra (...). (in 'La nazione', 5-9-1976).